Lo scrigno segreto di Leonardo Sciascia
La testimonianza di Fabrizio Catalano (regista e drammaturgo)
Salotto Letterario di GRANI FUTURI 2025
a cura di Lucia Tancredi – scrittrice

San Marco in Lamis custodisce uno scrigno segreto che racconta l’anima, i pensieri, le
opinioni di uno dei più grandi protagonisti della letteratura del ‘900: lo scrittore siciliano
Leonardo Sciascia. Ma come è nato questo legame con il Gargano interno? L’opportunità
di conoscere questa storia, non solo epistolare, che lega il docente sammarchese Antonio
Motta e Sciascia è stato il Salotto Letterario di Grani Futuri 2025, a cura della scrittrice
Lucia Tancredi. La punta di diamante di questa conversazione nell’Auditorium di Grani
Futuri è stata la partecipazione di Fabrizio Catalano, regista e drammaturgo, studioso di
civiltà matriarcale, nipote di Leonardo Sciascia.
Tutto inizia nel 1976 quando il professor Antonio Motta, giovane insegnate di lettere, viene
coinvolto in una attività preparatoria finalizzata ad una conferenza sugli scrittori
meridionali. A lui viene assegnato Sciascia. Così Motta decide di scrivergli una serie di
domande che racchiude in una lettera che manda a Palermo. Non sconoscendo il suo
indirizzo, la spedisce a Palazzo dei Normanni poiché Sciascia in quei tempi era consigliere
regionale. È l’inizio di una corrispondenza che dura anni: da qui nascerà l’archivio dedicato
a Leonardo Sciascia. Il caso ha voluto che Sciascia sia venuto a San Marco in Lamis per
ricevere un premio attribuitogli dal liceo scientifico Enrico Fermi, fisico e premio Nobel
contro il quale Sciascia proprio Sciascia aveva scritto.
Questo rapporto con Sciascia viene tenuto vivo da Motta per lungo tempo e, in occasione
di Grani Futuri 2025, Catalano ha visitato a San Marco in Lamis l’archivio italiano più
fornito riguardante Leonardo Sciascia, che era un devoto dell’umanismo e che rispondeva
a chiunque.
Questo umanismo di Sciascia lo faceva essere generoso, ha detto Catalano, anche se
scivolava verso il pessimismo. “Per me vivere in quel contesto ha significato crescere con
uno standard di elaborazione critica che sei destinato a non ritrovare mai – ha proseguito
Catalano -. Cerchi di mettere maldestramente in atto l’insegnamento che hai ricevuto, ma
sei in questa realtà in cui ti senti un pesce fuor d’acqua”.
Sciascia è l’esempio contrario di ciò che avviene in Italia, insomma, dove lo sport
nazionale non è il calcio, bensì è non rispondere, non rispondere a nessuno.
“Io m scordo le cose. Chi vive in una città è costretto a tempi aberranti, innaturali, magari
in un piccolo centro come questo ciò succede meno. In quella campagna del Noce, dove
mio nonno amava trascorrere le estati, per molti anni non è esistito un telefono – ricorda
Fabrizio Catalano -, e, quindi, arrivava un certo numero di visite a sorpresa. Capitava che
venisse a Racalmuto in elicottero Bettino Craxi, che si chiudeva con lui per dei consigli,
ma avveniva anche che due contadini del vicinato dopo una lite salissero da mio nonno
per capire chi avesse ragione”. Il resto è storia, legata ad una lettera di risposta di
Leonardo Sciascia arrivata il 24 giugno del 1976 che – come conclude Antonio Motta – ti
cambia la vita.